
di Catia Napoleone
Bella serata.
Sono seduta con un’ amica a godermi la meraviglia degli abiti ottocenteschi.
Sfilano davanti ai nostri occhi le fortunate protagoniste e sono intente ad animare i ventagli con una mano mentre con l’ altra tentano di mettere a posto le tante sottane infastidite dai quaranta gradi.
Belle ed eleganti nella splendida cornice di un teatro.
Anche la mia amica è una protagonista ma non lo sa. Mi fissa mentre io mi tuffo dentro di me ed inizio a raccontarle cosa vedo. Lei non indossa un abito ottocentesco ma un vestitino di cotone molto semplice eppure è elegante quanto le signore impegnate a sventolare l’aria ovviamente calda.
Vortici di scirocchi.
Come ciò che le racconto di me.
Sorride ma non come fan tutte. Lei sorride con ogni piccolo muscolo del volto. Denti splendenti ed occhi smeraldati. E mi fissa. E sorride. Di colpo smette di farlo e si gira. Anche io lo faccio. Smetto di parlare.
Anch’io rapita. Direi imprigionata in un altro mondo.
Una signorina fa il suo ingresso. La sua insicurezza nella deambulazione conduce il mio sguardo verso il basso e scopro … un incerto ed indefinito paio di calzature; sembrano le impalcature dei portici del centro. Entrambe spaventate io e Sandra comunichiamo all’unisono “ O Dio… se cade di lì…”
Non ho studiato anatomia ma vedo l’osso sporgente ed il mio pensiero corre al pronto soccorso più vicino.
Ce la sta facendo. I passi si susseguono uno dietro l’altro. E’ salva. Si siede. Speriamo faccia anche il viaggio di ritorno senza problemi.
L’amica che l’accompagna è meno pericolosa per la sua incolumità ma diventa pericolosa per un signore dietro di lei. Avrà circa 80 anni ma il signore canuto appartiene alla “ vecchia guardia” e inizia a guardarla con attenzione. Troppa attenzione. I centimetri di coscia scoperti sono davvero troppi e le impediscono movimenti azzardati. Spero per l‘ anziano signore che la signorina mantenga la posizione ultra eretta per i prossimi minuti . Di nuovo penso al pronto soccorso e stavolta mi viene in mente una precisa patologia: cardiopatia ischemica. Salvato… dalla moglie che farfuglia qualcosa per farsi sentire. Stizzita la ragazza tenta di allungare la minigonna girovita ma rischia si strapparla. Si siede.
Il secondo pericolo è scampato.
Che coraggio però. Penso al coraggio di chi riesce ad entrare in un teatro conciato così.
Capisco il nero non necessario in taluni eventi ma quello che vedo è davvero troppo.
Apprezzo però il coraggio.
Non credo che né io né Sandra saremmo mai capaci di presentarci in nessun posto così. No. Nemmeno se mi dicessero di interpretare un ruolo per una serata. Troppa vergogna. Sandra sorride. Come sa fare lei.
Mi chiedo dove diavolo sia finito il buon senso.
Sarà colpa di una mancata cultura di una femminilità ormai rara?
Come si fa a spiegare che la sensualità tutto è fuorchè il presentarsi nude o ridicole in pubblico?
Io e Sandra riflettiamo e poi decidiamo che la colpa è dei nuovi specchi che vogliono a tutti i costi arredare a loro modo ma rimandano una immagine falsa della malcapitata illusa.
Questa potrebbe essere la giusta spiegazione.
Mentre parliamo del coraggio entra l’eroe.
Non avrei mai pensato potessi trovare in quel teatro uno più coraggioso delle due ragazze.
Un mito. Entra maestoso con un fisico asciutto ed ovviamente tatuato. Si sente orgoglioso. Avanza.
Ruba la scena alle signore arieggianti. Sente di essere diventato il protagonista. Se ne gloria. Tutti si girano. Io e Sandra sgraniamo i nostri occhi : lei i suoi smeraldi , io i miei marroni.
Sentiamo la colonna sonora de “Il gladiatore”…
Fa il suo ingresso portando il suo trofeo: un’ascella laboriosa splendidamente scoperta da una canotta di taglia larga. Impregnata. Vediamo la scritta sull’elastico dei boxer ansiosi di essere investiti dallo scirocco: “man”.
Fa bene (mi dico) a ricordarlo.
Il corpo per l’occasione è lasciato allo stato nature.
Si sente bello anzi … figo.
Lo osservo. Si avvicina. Azzarda uno sguardo magnetico e lì capisco i miei anni. Non sono tanti ma son troppi per vivere da single. Nulla di moralistico. Pura fisiologia.
Istinto…se vogliamo.
Inizio a pensare agli amici di mio padre. Ci sarà qualcuno rimasto vedovo!
Davvero non ce la faccio. Sandra continua a sorridere ed io invece senza ritegno ed adeguandomi in parte al tutto…vado in apnea.